Perché usare le Newsletter e perché hanno a che fare col giornalismo

cassetta delle lettere
@EmmaEvans

All’insegna del jarvisiano <<Cover what you do best. Link to the rest >> vorrei parlare di newsletter.

La ricerca – ormai disperata – del modello di business che funzioni per la distribuzione dei contenuti online passa anche per le newsletter. Ebbene si la distribuzione di contenuti selezionati via email è – finalmente – può essere vista come campo d’azione all’interno del quale sperimentare per monetizzare. Tentativo riuscito? In parte.

Perché investire lavoro, fatica, persone nella selezione di contenuti dal proprio archivio, da quello che è stato pubblicato quel giorno su quella testata o ancor peggio una raccolta dei migliori contenuti su un determinato tema pescati in giro per il web?
Ecco alcuni motivi:

1. perché si raggiungono le persone direttamente sul proprio telefono

[aumentata del 35,3% degli italiani di 18-74 anni che navigano su mobile – dati Audiweb sett 2016]

2. perchè arrivano a chi ha compilato un form e ci mettono in posizione di vantaggio
3. perché chi riceve contenuti via email è più “fedele” dei lettori che arrivano al ns contenuto dai social media o da google
4. perchè il feedback è piuttosto chiaro: clicchi e apri o non clicchi

[su questo ci sarebbe da andar più a fondo perché chi non clicca forse si accontenta di quello che ha letto direttamente nel testo dell’email e non ha sentito il bisogno di approfondire o magari non ha cliccato perché non era quello il contenuto che si aspettava di ricevere]

[molti tentativi di approccio vanno fatti per scoprire il vero feedback del pubblico, mandare contenuti brevissimi per “costringere” a cliccare se interessa, ad esempio, allo stesso modo può essere un test, mandare video o immagini che vanno necessariamente cliccate un altro]

5. perché – se qualcuno ogni tanto prende una pausa dall’essere costantemente online – ritrova i contenuti anche offline già pronti nella propria email
6. i lettori lottano con il poco tempo per informarsi o leggere contenuti che gli interessano, una newsletter ben fatta può essere preziosa in queste attività.

 

Dopo i perché sì mi pare giusto mettere subito nero su bianco le difficoltà di questo tipo di comunicazione, in questo mi faccio aiutare dall’ottimo lavoro di Andrew Jack per Reuters Institute: “Editorial Email Newsletters The medium is not the only message”, un working paper di novembre 2016 che affronta diverse sperimentazioni di newsletter.

1. difficile trovare la sostenibilità economica
2. calo dell’uso delle email da parte dei giovani e -issimi (pubblico digitalmente onnipresente)

 

[Per i teen (i giovanissimi) – fetta più che appetibile del mercato – l’esperienza di una newsletter come pubblicazione è nuova e non sempre percepita positivamente, le email sono destinate ad altri usi: per comunicazioni dalla scuole ad esempio]

3. rischio di “affaticamento” del lettore col passare del tempo

[su questo non concordo completamente, se il contenuto che ricevo è di qualità, mi interessa e soprattutto non lo trovo da altre parti non mi stuferò di leggerlo]

4. aumento del numero di competitor che utilizzano questo mezzo

 

Le newsletter, nella maggior parte dei casi, stanno “in piedi” da sole, non appartengono (per lo meno direttamente) ad un progetto editoriale più grande, non hanno un contenitore. Diffondono contenuti originali (curati) e lo fanno direttamente nelle caselle di posta, solo in seguito e se chi legge vorrà, rimandano verso un sito web.

Le NL sono costruite al di fuori, da mondi diversi, ricercano l’autenticità e la connessione personale, sembrano riempire un vuoto delle redazioni, e in più, se ben costruite, permettono di sfruttare un archivio prezioso.  Nascono con lo scopo di preferire una visione personale ad una aziendale.

Ancora Andrew Jack, in un post pubblicato su NiemanLab, ci aiuta ad individuare i diversi modelli di business che si stanno sperimentando ora in Europa e USA.

Accanto a una maggiore sperimentazione di questi diversi modelli, altri problemi in futuro per le email editoriali includono lo sviluppo di piattaforme più giornalista-friendly; lo spostamento del contesto normativo (soprattutto in Europa); e il ruolo degli algoritmi nel favorire la scoperta di contenuti e personalizzazione.

Le email sono un mezzo ibrido che è lungi dall’essere perfetto. Ma che, attualmente, riempie un vuoto delle redazioni, le limitazioni delle email offrono una piattaforma importante per la sperimentazione, e le loro migliori caratteristiche sono ben degni di conservazione su altre piattaforme digitali che possono in ultima analisi rimpiazzarle. (Andrew Jack)

newsletterVi traduco qui sotto brevemente i modelli individuati da Jack.

  1. generare e convertire traffico – i click possono aumentare le pagine viste e di conseguenza il modello di business della testata (che si tratti di abbonamento o pubblicità)
  2. modello standalone – bastare a se stesso, potremmo tradurlo, ma anche funzionare autonomamente, con abbonamento singolo
  3. donazioni e differenti contributi – gratuito per un periodo e poi a pagamento oppure a pagamento per tipo di utente o servizio
  4. pacchetti add-on – fornitura di contenuti in più per incoraggiare un upgrade di abbonamento
  5. native advertising – contenuti sponsorizzati
  6. cross-selling – contenuti insoliti non legato alla nicchia/argomento di riferimento e venduti in accordo con terza parte/partner
  7. costruzione della community
  8. scopo aumentare la consapevolezza del brand fornendo contenuti utili

Cosa è necessario fare per creare una buona newsletter? Innanzitutto la selezione umana (non parlo di sopravvivenza della specie, forse di quella dei media) dei contenuti è importante e nella maggior parte dei casi è così che viene composta una newsletter, ma come suggerisce Jack si stanno sperimentando algoritmi per la selezione di alcuni contenuti. Un altro metodo per la ricerca dei contenuti è l’uso della geolocalizzazione di chi riceve, per diverse zone geografiche… Nuzzel è un ottimo strumento per i tweet, ad esempio. Se siete a corto di idee in fatto di visualizzazione, vi indico un sito che può essere buona fonte di ispirazione ReallyGoodEmails.

Le parole chiave per la riuscita sono solo due: curation e personalizzazione. Le newsletter devono fornire un contenuto breve, semplice, principalmente in forma di testo, in modo che le persone possano fruirne immediatamente e lasciare traccia della loro azione che diventa misurabile tramite gli analytics (ormai tutti i fornitori di app per l’invio multiplo di newsletter tracciano invio e clic). Il contenuto deve essere proprio quello che gli utenti si aspettano, infondo non è difficile, si sono iscritti ad un servizio che poneva determinate aspettative e ambito d’azione.No?

Ora la parola a voi. Che rapporto avete con le newsletter a cui siete iscritti, le leggete tutti i giorni? ne avete abbandonate qualcuna, ne avete da segnalare? Io personalmente apprezzo la newsletter quotidiana di GoodMorning Italia, quella del NiemanLab e RobinGood.

 

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